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Cioè una certa disinvoltura e tuttavia lo svolgimento di un discorso tutto coerente (forse un monologo?) non interrotto dai gusti altrui. (Ernesto Nathan Rogers)
Oggi l’arredo anni ‘50 è il più ricercato nel mondo delle aste, dell’antiquariato, del collezionismo del design. Ma come era l’appartamento di uno dei protagonisti di quegli anni?
Ad esempio quello di Ernesto Nathan Rogers, uno dei maggiori architetti esistiti, autore di opere come la Torre Velasca a Milano, che tutti i milanesi come me ben conoscono.
Milano, crocevia di culture e madre di opportunità
Milano è importante per lui. Qui si laurea in architettura nel 1932 al Politecnico di cui diventa poi Professore. Sempre nello stesso anno fonda il celebre studio di architettura BBPR con i compagni di studi Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso e Enrico Peressutti, noti tra i più interessanti interpreti del razionalismo.
Direttore prima di Domus e poi di Casabella dove ha trascorso il periodo professionale più lungo e importante, non è di Milano, è nato a Trieste nel 1909.
Ebreo, il periodo difficile tra le due guerre da adulto e professionista lo segna profondamente e ne definisce il modo di porsi nella vita e la sua arte.
L’irraggiungibile meta della sintesi tra utile e bello
Una sintesi da cercare e verso cui tendere, questa è la sua idea di architettura. Nei suoi testi riflette sulla impellente necessità della ricostruzione delle città devastate, sulle tragiche influenze di fascismo e nazismo sugli intellettuali dell’epoca, sul significato dell’essere moderni nella sua contemporaneità.
Ma anche sul dovere della classe dirigente del paese di fornire gli strumenti economici e giuridici per portare a termine il compito, molto sentito da Rogers, di dare una casa a ciascun uomo.
Parole che ci riportano a un’impresa del legno curvato, la Società Antonio Volpe da Udine, la cui dirigenza sognava di poter dare a ciascuno dei propri operai una casa con un orto. Stessa terra, stessi luoghi, un comune sentire. Sarà un caso?
L’appartamento privato di Milano
In effetti questa corrispondenza sembra andare oltre le parole e per scoprirlo, entriamo nel suo appartamento privato di Milano, come ben documenta un articolo su Domus del gennaio 1957.
Qui troviamo alcune foto degli ambienti in cui Rogers abita da dopo la guerra, in un edificio ottocentesco del centro storico, dopo anni vissuti in albergo.
È arredato con oggetti di sua creazione, fatti eseguire da Piero Frigerio di Cantù, insieme a oggetti di famiglia e altri trovati negli ultimi anni da antiquari e nei suoi viaggi in terre lontane.
Nel primo locale, accanto a una libreria, tipica di quel periodo, subito una grande sorpresa: il dondolo n. 267 della Società Antonio Volpe di Udine.
Il dondolo n. 267 della Volpe nella casa milanese di Ernesto Nathan Rogers
La modernità nell’arredare è nei valori personali
Non sapremo mai se questo è uno dei pochi oggetti della sua famiglia di cui lui accenna nell’articolo.
L’oggetto viene fotografato in due foto distinte ma nelle didascalie non ci sono accenni al dondolo. Eppure le didascalie descrivono con dovizia di particolari la maggior parte degli oggetti presenti, dalle librerie (tre mensole a vassoio in compensato curvato in betulla) ai vasi di bronzo persiani, ai pavimenti ricoperti di tappeti del Montenegro. O dei quadri alle pareti di Capogrossi, Munari, Le Corbusier.
Sono molto interessanti nell’articolo le parole di Rogers sull’arredamento.
…può meravigliare che per un architetto sia ancor più difficile disegnare la propria casa di quella degli estranei .
E ancora:
…così è quando si organizza un arredamento, il quale non deve prescindere né dal carattere della costruzione che lo ospita né – quando c’è – dal paesaggio naturale che lo amplifica. La modernità – l’attualità di un’opera – è nei valori personali di questo inserimento. E bisogna presumere abbastanza di se per avere la certezza di interpretare la vita in ogni modo.
Quindi in definitiva l’arredamento di una casa riflette la personalità di chi la abita.
La poltroncina pieghevole Thonet n. 2 nella casa milanese di Ernesto Nathan Rogers
Stile Thonet a confronto
In questo caso l’appartamento è piccolo: tre stanze comunicanti, un corridoio che le unisce, i servizi. In due di queste ci sono gli oggetti in legno curvato a vapore, veri protagonisti accanto al mobilio di nuova produzione.
Oltre al dondolo n. 267, databile intorno al 1918 ca., una poltroncina pieghevole modello n. 2 della Thonet prodotta intorno al 1880.
Questa poltroncina viene descritta nell’articolo come “poltroncina pre-Thonet“. È evidente che né chi scrive l’articolo nel 1957 né chi nel 2009 lo riprende sullo stesso Domus, né lo stesso Rogers sapevano molto di questi due oggetti in legno curvato.
Infatti, come il dondolo, la poltroncina piegabile è un oggetto raro, uno dei pochi che veniva prodotto solo con seduta e schienale in tela. I braccioli sono anch’essi due nastri di tela fissati da anelli alla struttura in legno curvato a vapore.
Ricorda il dondolo modello n. 3 da cui verosimilmente deriva e di cui esistevano due modelli, uno singolo e uno doppio, un esempio di oggetti fuori catalogo prodotti nel legno curvato.
Chissà se Rogers ne era consapevole, di questa rarità intendo. Forse no ma poco conta.
La cosa importante è che il legno curvato ha davvero uno stile senza tempo ed è proprio l’arredo moderno, anni 50 e 60 e minimalista in genere a esaltarne l’eleganza.
E questo Nathan Rogers lo sapeva sicuramente bene. Voi invece avete mai pensato di scegliere la linea curva per la vostra casa? Vi aspettiamo nei commenti.
Le immagini in bianco/nero dell’appartamento milanese di Nathan Rogers sono tratte dalla rivista Domus dove trovate l’articolo citato del gennaio 1957. Sfogliando le pagine abbiamo scoperto che oltre al dondolo n.267, Manuela ed io abbiamo in casa la stessa libreria girevole che si vede in due stanze dell’appartamento. Ancora una volta, che sia un caso? A noi piace pensare di no, in fondo le affinità elettive esistono davvero.
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