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La poltrona era destinata al macero ma proprio il papà ha intravisto in essa forma particolare. Così ha deciso di salvarla da fine certa, l’ha caricata sulla sua Fiat 125 bianca e l’ha portata a casa.
25 anni dopo, padre e figlio decidono di ridarle nuova vita e si mettono in moto per cercare delle informazioni su quel particolare oggetto
Non essendo riuscito ad avere notizie esaustive dal Museo Thonet in Germania, il nostro lettore si è rivolto a noi. E vi anticipiamo subito che ha fatto proprio bene.
Il papà a lasciarsi guidare dal suo istinto di mestiere, lui a non demordere e a contattarci. Ed ecco cosa abbiamo scoperto.
L’istinto non mente mai
La poltrona è il modello Thonet n. 1518. Si tratta di una variante del famoso modello n. 1519. Disegnate verosimilmente entrambe a cavallo tra il 1910 e il 1911, entrano in commercio in due momenti differenti.
Ce lo documenta il Thonet Zentral Anzeiger, il giornalino interno utilizzato dal leader viennese per tenere aggiornate fabbriche e filiali anche sui lanci di prodotti nuovi.
La poltrona n. 1518 appare nel numero 29 del 15 febbraio del 1911. La n. 1519 ben 2 anni più tardi, nel numero 38 dell’aprile 1913.
Entrambe le serie sono composte da sedia, poltrona e divano e la n. 519 è attribuita al grande architetto viennese Adolf Loos.
La serie Thonet n. 519 “Café Capua”
Abbiamo già parlato più volte di Loos e della sua forte personalità. Abbiamo incontrato la foto di una delle sue mogli immortalata da Madame D’Ora, il suo progetto del Café Museum detto anche “Cafè Nihilismus” in aperto contrasto con la dirimpettaia Casa della Secessione di Joseph Maria Olbrich.
Così come della consulenza dei primi anni del ‘900, richiesta dalla Gebrüder Thonet per contrastare i modelli di successo della concorrente Jacob & Josef Kohn, che in quegli anni sembra proprio scalzare il grande leader di mercato.
Non abbiamo la certezza se la poltrona sia stata realmente disegnata da Loos o se lui abbia attinto nel catalogo della celebre ditta viennese, trovando un modello che sposava decisamente il suo gusto.
Sappiamo però che nel 1913 la utilizza come arredo del suo progetto del Café Capua a Vienna in Johannesgasse al n. 3.
Segni del genio di Loos
Ma l’attribuzione del mercato antiquario si fonda primariamente sull’elemento oggettivo della ricorrenza di stilemi e dettami seguiti e indicati da Loos nella sua definizione di mobile moderno.
Quegli stessi dettami applicati già, in maniera differente negli strepitosi e unici modelli della poltroncina n. 1010 e n. 1009.
Ad esempio, anche se curvato il legno ha continue variazioni di spessore. Una caratteristica che deve essere svolta per forza a mano e che per l’elevato costo non si ritrova quasi più nelle produzioni contemporanee.
In aggiunta, l’insieme è decisamente legato al gusto di arredo inglese: quella che Adolf Loos ha amato particolarmente.
La forza di arti e mestieri
Qualcuno ha chiamato il divano di questa serie con l’appellativo di “Alma Malher bench” in quanto la famosa vedova delle quattro arti era solita frequentare il Cafè Capua.
D’altronde in quel periodo Vienna è il centro del mondo con una concentrazione di presenze di personaggi e artisti tra le sue vie poco ripetibile nella storia dell’umanità. E Adolf Loos è uno dei protagonisti.
Insomma, ecco cosa succede quando “la pancia” comanda e l’istinto prevale sulla ragione e sul contesto. Ma non è solo questo: è il sedimento di anni di arte e mestiere che il papà del nostro lettore ha tra le sue mani ma soprattutto nella mente e nel cuore.
Le 3 componenti che non mancano mai in un restauro a regola d’arte. Ecco perché siamo sicuri che questa poltrona abbia trovato chi le farà ritrovare l’antico splendore per riprendere a illuminare la vita di chi l’avrà tra le proprie mura.
Questa è la bellezza. E noi (alla bellezza) siamo davvero grati.
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