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Non vi mostrerò l’eroe dell’epopea del West seduto di fronte a Panwee Bill su due poltroncine in legno curvato o gli indiani armati di archi e frecce che cavalcano sul Ring. O le loro tende al Prater. Niente di tutto questo.
Oggi vi voglio parlare di una serie di modelli molto particolari, la serie n. 327 prodotta dalla Jacob & Josef Kohn e attribuita sino a oggi a Gustav Siegel.
Un’attribuzione generica data solo dal fatto che Siegel lavora in quegli anni per l’azienda viennese ma che in verità potrebbe nascondere una scoperta rivoluzionaria. E ora provo a dimostrarvelo.
Pubblicità della filiale della J&J Kohn a Milano in via Orefici, 1905
Gustav Siegel e la Jacob & Josef Kohn
Di Siegel abbiamo già visto il dondolo esposto a Parigi nel 1900 e una poltroncina da museo derivata dalla poltrona n. 715, quella che aveva vinto la medaglia d’oro nella stessa Esposizione parigina.
Ma i modelli n. 327 sono veramente di Gustav Siegel?
I mobili di questa serie, chiamati anche “mobili con le frecce”, appaiono per la prima volta nel catalogo della Jacob & Josef Kohn nel 1902.
I primi mobili con le frecce sono due dondoli, praticamente identici se non per la sezione del legno: il modello n. 813 ha sezione quadrata mentre nel modello n. 814 è tonda. Come è il caso dello splendido esemplare a cui abbiamo dedicato la copertina.
I mobili con le frecce
Nel supplemento del 1902 appaiono sedie, poltrone e divano con il numero n. 327. Nell’ulteriore supplemento del 1903 troviamo una intera pagina dedicata a questa serie con tavolino, specchiera e con gli altri modelli già prodotti.
Negli anni poi vengono aggiunti altri tipi di tavolini, altri tre dondoli, attaccapanni, uno sgabello, un paravento. Insomma uno dei decori più utilizzati dal grande produttore viennese.
Ma da dove deriva questo disegno e cosa ha di particolare?
Le frecce sono ripetutamente usate in Austria nello stile Biedermeier ma se vogliamo trovare qualcosa di molto simile basta vedere il lavoro contemporaneo di Koloman Moser.
Creazioni di Koloman Moser degli anni 1902-1903
La copertina del libro di Ludwig Hevesi “Österreichische Kunst des XIX Jahrhunderts” pubblicato nel 1903 e gli arredi disegnati per Gerta e Hans Eisler von Terramare tra il 1902 e il 1903.
In questi ultimi l’uso delle frecce è particolarmente simile. Buffet, poltrone,scrittoio e anche un tappeto. Tutti su disegno di Koloman Moser.
Moser utilizza poi questo segno anche successivamente come nella cornice in uno dei francobolli del 1908 dedicati a Francesco Giuseppe.
Koloman Moser e la Jacob & Josef Kohn
È possibile dunque che anche i modelli fabbricati in legno curvato siano attribuibili al genio di Koloman Moser? Sicuramente sì, è verosimile.
Koloman Moser lavora per la Kohn in quei primi anni del Novecento. Suo è il disegno del marchio della società viennese, suo è il disegno della vetrina modello n. 1304, n. 3140.
Questo mobile è uno dei pochi oggetti di cui siamo certi della sua paternità. Nel 1902 infatti sulla rivista “Kunst und Kunsthandwerk” appare la foto con la didascalia:
“Professor C. Moser, Salonschrank aus gebogenem Holze, ausgeführt von Jacob & Josef Kohn.”
In quegli anni quindi Koloman Moser lavora con la Kohn. È possibile che la stessa società utilizzi un decoro uguale a quello che l’artista disegna in quello stesso momento per progetti diversi come editore e cliente privato?
Molto difficile credo. Molto più semplice che Moser abbia utilizzato questa idea anche per un terzo progetto, quello della serie n. 327.
Due brevetti importanti
Questa serie che è molto più importante delle altre, degli altri nuovi modelli e di quelli già presenti a catalogo. Lo afferma la scritta “giuridicamente protetta” presente sul fianco della riproduzione del divano già nel supplemento del 1903.
Ma il modello non è l’unico aspetto da tutelare. Anche la fabbricazione del decoro, eseguito in compensato, è oggetto di brevetto.
Guarda caso, il 15 maggio 1903 la stessa Jacob & Josef Kohn deposita un brevetto per eseguire fori e disegni nel legno (Pat. nr. 13517). Altri indizi che sottolineano l’importanza della serie e la volontà di proteggerla dalle imitazioni.
Per tutti questi motivi ritengo con ragionevole certezza che per questi mobili l’attribuzione corretta sia quella a Koloman Moser.
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