Il primo post del nostro secondo anno non doveva essere questo. Ma non potevano esimerci dal ricordare Gillo Dorfles, morto ieri a 109 anni nella nostra Milano. Si, avete letto bene, non 107 come la maggior parte degli articoli riporta ma proprio 109.
La sua data di nascita infatti fu scritta in modo errato dalla casa editrice Einaudi negli anni Settanta. Incredibile come quasi tutti i media siano caduti nello stesso errore.
Infatti Gillo nasce a Trieste nel 1909, in quella splendida città di mare, ancora porto dell’Impero Austro-Ungarico. Qui incomincia già da ragazzo a frequentare la libreria del poeta Umberto Saba.
Sarà il primo di una lunga serie di personalità del ‘900, dall’arte alla poesia, che il nostro ex-suddito di Francesco Giuseppe riuscirà a conoscere.
L’ho conosciuto a Milano
Io ho avuto la fortuna di incontrarlo a Milano nel 2005. Era il 10 marzo e di lì a poco dovevo affrontare per la prima volta un grande pubblico. Era la presentazione della Mostra “Thonet – La nascita del design tra Biedemeier e secessione Viennese” di cui ho seguito la curatela.
La mattina avevamo incontrato i giornalisti e Karl Mang aveva fatto uno show straordinario, rapendo tutti con le sue storie di vecchio architetto. Ero abbastanza teso. Ci saranno state 200 o 250 persone e non avevo mai parlato a un così folto pubblico.
Un incontro inatteso nel momento giusto
Poco prima dell’inizio della presentazione, mi chiama da parte il direttore Salsi e mi dice che devo accompagnare Dorfles a fare un giro della Mostra in anteprima. Così riuscii a stare una mezz’ora da solo con lui.
Partimmo dai primi mobili di Boppard per arrivare ai dondoli di Antonio Volpe che concludevano il percorso nelle due sale dell’Esposizione. Non parlò molto. Alla fine mi chiese in che università insegnavo. Quando gli dissi che non insegnavo da nessuna parte mi chiese come mai sapessi così tante cose. Gli risposi: “per passione”.
Il dondolo n.267 detto Egg Rockingchair della Società Anonima Antonio Volpe
Lo stesso Salsi mi richiamò all’ordine. L’assessore aveva iniziato l’incontro e io mi sedetti quando il tutto era già cominciato.
Forse quella mezz’ora con lo scrittore di “L’elogio della Disarmonia” che avevo letto e che mi aveva in qualche modo segnato durante i miei studi di architettura, forse quel tempo passato con questo grande uomo mi aveva fatto passare l’ansia dell’incontro, che alla fine andò molto bene.
Il suo significato di mobile classico-moderno
Pochi giorni fa nelle mie ricerche nell’archivio storico del Corriere della Sera ho trovato un suo articolo dell’ottobre del 1985. È la recensione di un libro tedesco. Dorfles si pone la domanda di quale tipo di mobile “moderno” possa avere il diritto di definirsi “classico”:
come mai alcuni arredamenti di grandi architetti (cita Van de Velde, Josef Hoffmann, Lloyd Wright) sembrano non solo datati ma inaccettabili dal nostro gusto, nonostante alcuni singoli mobili (e qui cita tra gli altri Thonet) rimangano attuali anche con il passare del tempo?
Dorfles sottolinea come in qualsiasi prodotto industriale, il fattore tecnologico entri in maniera determinante. Per questo motivo ritiene molte – se non tutte – le riedizioni di mobili “classici -moderni” alquanto dubbie.
Un concetto su cui dovremo ritornare anche noi.
Credo che se fosse ancora vivo l’avrei rivisto ad Aprile alla nostra mostra dedicata alla poltrona moderna e avrebbe constatato di come alcuni oggetti classici siano estremamente ancora moderni. E chissà, quale di queste poltroncine sarebbe stata la sua preferita?
Alessandro Scordo
4 Marzo
C’ero anch’io quel giorno al castello e ricordo molto bene quella quasi mezz’ora di attesa, ti avevo lasciato qualche minuto prima. La sala era strapiena le “autorita” erano tutte al loro posto, mancavi solo tu. Io e gli altri amici collezionisti ci chiedevamo dove fossi finito. Una crisi improvvia di panico? Inghiottito da una qualche trappola segreta del castello? Poi finalmente sei comparso con passo veloce e trattenuto al tempo stesso. Veloce per l’evidente ritardo, trattenuto perchè procedevi con affianco un signore anziano con un cappotto a quadri, il giornale sotto il braccio ed il berretto in mano. Appresi in quel momento che quall’anziano signore dallo sguardo fermo e penetrante era il grandissimo Gillo Dorfles.
Il caso volle che lo reincontrassi a Trieste ben undici anni dopo nel 2016, al museo di Revoltella alla presentazione del suo ultimo libro: “gli artisti che ho incontrato”. Impressionante!
Un uomo fisicamente più che anziano quasi ormai aldifuori del tempo. Parlò della centralità della Trieste degli anni Trenta, di artisti incontrati come Kandinsky, Boccioni, Fontana i Futuristi. Su e giù per tutto il ‘900. Ricordo che aveva la solennità di un ulivo centenario, ben radicato alla “terra del passato” ma con una enorme chioma in continua espansione per vedere sempre un pò più sù e un pò più in là dell’ovvio e del banale.
Grazie a Gillo Dorfles e a te per il post che hai voluto regalarci.