Alle origini della Wiener Schnitzel - Legno Curvato
EN | IT
READING

Alle origini della Wiener Schnitzel

Alle origini della Wiener Schnitzel

Maria-Luigia-Duchessa-Parma

Cotoletta alla milanese o Wiener Schniztel? Chi ha copiato chi? Milano o Vienna? Disputa accesa e in corso da anni. Eppure sembra che tra i due litiganti il terzo goda. Ed è la Francia. E galeotta fu una donna. Forse. Il mistero si infittisce.

Una seria faccenda

Argomenti dell'articolo

Uno dei piatti tipici della cucina austriaca è la Wiener Schnitzel, passaggio obbligato per chi è a Vienna e non è vegetariano o vegano.

Una fetta di carne di vitello, impanata con uova e pane grattugiato, passata prima nella farina, e fritta nel burro o nello strutto. Rigorosamente tanto grande da uscire dal piatto.

Ne esiste poi una versione con la carne di maiale che ha un altro nome: Wiener Schnitzel vom Schwein per la cucina austriaca e Schnitzel Wiener Art per la cucina bavarese.

Questo recita la ricetta originaria, almeno la versione più accreditata.

Quando ho iniziato a documentarmi sulle origini del piatto, ho trovato molte informazioni, versioni differenti e discussioni accese. Del resto, quando in Italia si parla di cibo, la faccenda si fa seria.
Alcuni passaggi sono però fondamentali. Vediamoli insieme e proviamo a svelare l’arcano.

La leggenda della paternità mancata

Tutto ha inizio da una spedizione militare del maresciallo Radetsky nella capitale del lombardo-veneto, in Italia tra il 1831 e il 1857. Rientrato nella capitale austriaca, racconta di un piatto delizioso gustato a Radetzky-von-radetzMilano, la nostra cotoletta impanata e fritta.

Ne ne tesse così tanto le lodi da essere convocato a palazzo imperiale per dettare al capo dei cuochi la precisa ricetta.

Questo racconta il giornalista Felice Cùnsolo, milanese di adozione e purista della cucina meneghina, nel suo libro “La cucina lombarda” del 1963.

La sua tesi si basa su un documento trovato nell’archivio di stato di Vienna, redatto dal conte Attems, aiutante di campo di Francesco Giuseppe.

Racconta di un dettagliato rapporto di viaggio del maresciallo Radetzky in cui cita anche la nostra cotoletta. Questo toglie ogni dubbio su un’eventuale paternità al contrario.

Persino il giornale tedesco die Zeit il 31 maggio 1963 scrive che: “Mentre Radetzky esercitava il suo comando nell’Italia settentrionale, informò Vienna che a Milano si impanavano le cotolette di vitello in modo assai appetitoso. L’Italia andò poi perduta, ma ai viennesi fu regalata la Schnitzel, una diversa specie di costoletta milanese”.

Verità disattesa

Come racconta benissimo Alessandro Marzo Magno sul Sole24Ore, alcuni punti non tornano.

In primo luogo, Francesco Giuseppe non è ricordato per il suo essere gourmet. Lo abbiamo scoperto parlando delle origini della Sacher e in più sembra che l’Imperatore fosse solito cenare solo a Tafelspiz, un bollito di manzo molto speziato.

Inoltre, la panatura e conseguente frittura degli alimenti è già presente nei testi di cucina austriaca sin dal 1719, sia per verdure che per cervella di vitello. Per cui ben prima che Radetzky venisse a Milano.

Ma, soprattutto, i documenti più volte citati dal Cùnsolo non sono mai esistiti.

Nel 2001, uno storico, Richard Zahnhausen (intrigato anche lui dalla cotoletta), scopre infatti che questo episodio non è citato in nessuno degli scritti che si occupano di Radetzky.

In aggiunta, in nessun lavoro biografico sulla monarchia asburgica compare un conte Attems in quel periodo e in quella posizione. Uguale tesi sostiene anche Heinz Dieter Pohl, linguista, nel 2007.

Insomma, sembra essere tutta una bellissima creazione di fantasia. Ma allora cosa lega la cotoletta alla milanese e la nostra Wiener Schnitzel? Una donna e una comune paternità.

Galeotta fu una donna

Wiener-SchitzelMaria Luigia di Parma, duchessa, nata a Vienna, rampolla degli Asburgo-Lorena, diventa imperatrice dei francesi in quanto moglie di Napoleone Bonaparte.

Il congresso di Vienna, nel 1814, la mette sul trono del ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, dove regna fino al 1847.

La duchessa porta con sé alcuni cuochi dalla Francia e mantiene stretti i legami con Vienna.

Lo storico della gastronomia Massimo Alberini parla di una ricetta del 1735 e soprattutto del trattato “La science du maitre d’hotel” del 1749 e di cotolette impanate e fritte che arrivano a Milano come “cotolette rivoluzione francese”.

Il nome deriva in effetti dal francese cotôlette, abbreviato in côte cioè costoletta, e si riferisce ad una delle prime sei costole della lombata di vitello, alte circa 1 cm e mezzo. Il taglio di carne che è la base della vera Milano.

Potrebbe esser stata lei, quindi, a far giungere in Austria la “cotoletta rivoluzione francese” appunto impanata e fritta, con una differenza sostanziale: la marinatura della carne in burro fuso, sale, pepe, chiodi di garofano ed erbe aromatiche, prima del passaggio in farina, uovo e pangrattato.

Tempi giusti

Anche qui non c’è alcuna prova documento ma i tempi coincidono.

Non solo. Il primo riferimento al termine cotoletta, dal dialetto milanese “cutelèta”, è nel dizionario Dialetto milanese-lingua italiana del 1814, scritto da Francesco Cherubini e pubblicato dalla famosa Regia Stamperia Imperiale di Milano.

Nel dizionario il piatto viene definito cotoletta, ma vi è un ovvio riferimento alla costoletta, perché il nome ha una chiara origine francese.

La prima volta che si parla di Wiener Schnitzel invece è in un libro di ricette praghesi del 1831, sempre regnante Maria Luigia.

Quindi un viaggio che dalla Francia passa per Parma, arriva a Milano e prosegue fino a Vienna. È così dunque? Forse ancora no.

Alcuni riferimenti alla cotoletta alla milanese sembrano provenire da epoche lontanissime in quanto alcuni storici la collegano con il “lombos cum panitio” scritto da Pietro Verri nel 1134.

Si racconta che nel giorno della festa di San Satiro, un abate offre ai canonici di S.Ambrogio un pasto di nove portate dove nella lista delle vivande è presente questo piatto. E sul metodo dell’impanatura il Maestro Martino da Como nel suo manoscritto del 1492, detta precise indicazioni.

Insomma dove sta la verità?

Wiener-Beisl

Una storia senza finale

Come a volte accade, quando i documenti storici non sostengono in maniera inequivocabile una tesi, rimangono mille verità possibili.

Sicuramente la tecnica della frittura rende gustoso qualsiasi cibo ed è da sempre considerato leccornia. Non è un caso che nei giorni che precedono la Quaresima, nei giorni del Carnevale, tutti i dolci nelle mille varietà sparse per l’Italia sono fritti.

Rimane il punto fermo di un piatto che è un’icona di Vienna ed un appuntamento da non perdere in qualche rustico wiener Beisl di quartiere, abbinata a insalata di patate e marmellata di mirtilli rossi.

Noi ad esempio andiamo sempre al Schnitzelwirt in Neubaugasse 52. Non si può prenotare e alla classica ora di cena ci si mette in coda. Sono comunque abbastanza veloci. L’orario è dalle 11 alle 21.30. La titolare ci ha raccontato che nei giorni di maggior affluenza arrivano a preparare quasi 500 cotolette, pardon, Wiener Schnitzel al giorno. Non male davvero.

E se è vero che le storie incompiute sono destinate a durare per sempre, questa è per certo l’unica conclusione possibile.

 

Antica-Trattoria-Gallo

Un tributo alla nostra cotoletta

Nei dintorni di Milano invece la nostra cotoletta alla milanese preferita è quella dell’Antica Trattoria del Gallo di Gaggiano, a sud della città. Servono anche la versione orecchia di elefante.

È la cotoletta larga e sottile, spesso disossata, che sembra sia stata inventata dallo chef Alfredo Valli nello storico Ristorante Alfredo Gran San Bernardo in via Borgese 14 (ex via Gran San Bernardo) a Milano, da poco riaperto con il nome Alfredo Since 1964.

Una versione pensata per i milanesi sempre di fretta, non disposti ad aspettare i venti minuti minimi per una cotoletta con l’osso cotta a puntino.

Altra variante, viene servita nuda oppure vestita. Nulla di hard, semplicemente nella versione pura è accompagnata da fettine di limone, in alternativa è ricoperta di pomodorini tagliati e rucola. Versione che non consiglio perché la panatura, imbevuta dell’umidità della verdura, perde la sua croccantezza.

Però, anche qui, a ogni gusto il suo. E voi cosa ne pensate? Quale versione preferite? Raccontateci la vostra esperienza nei commenti.


Appassionata di impresa e di interior design, sono innovation consultant e startup mentor, oggi anche un po' blogger. Aiuto imprenditori, manager e professionisti a trasformare un'idea in un progetto di business, utilizzando l’approccio della Lean Startup e una solida visione strategica. Mi occupo di pianificazione, marketing, comunicazione, supporto e sviluppo canali di vendita. Ho pubblicato il libro Società Antonio Volpe con Giovanni Renzi e sono #bellezzadelegnocurvatodipendente.

RELATED POST

  1. Giovanni Renzi

    17 Marzo

    La Schnitzel non andrebbe mai battuta. Dice Loos: “Scappa via tutto il sugo, la parte migliore!”

  2. Viola

    24 Marzo

    Non dimentichiamo che un altro piatto tipico (e meno conosciuto) milanese sono i mondeghili la cui parentela con la cotoletta sembrerebbe stretta. In austria esistono altre specialità impanate?
    ….è curioso comunque come le specialità culinarie Milanesi/Lombarde, certo non numerose come in altre regioni italiane, abbiano una comune difficoltà a tracciarne la paternità o addirittura anche solo la formulazione o ricetta originale….il Panettone vale per tutti, no?
    Forse anche il Risotto allo zafferano?
    …e addirittura la michetta sembrerebbe essere anche lei di derivazione Austriaca?

    • Manuela Lombardi Borgia

      25 Marzo

      Buongiorno Viola, i tuoi spunti sono molto interessanti. Mi cogli decisamente impreparata, ammetto che la ricerca è guidata da ciò che mi appassiona (che mi piace molto intendo). Anche se ammetto che i mondeghili sono spettacolari. Magari qualcuno dei nostri lettori sa qualcosa in più. Io attendo fiduciosa.

    • Gianni

      14 Aprile

      Per la michetta si va molto ma molto più indietro. Ai Musei vaticani sono presenti molti sarcofaghi paleocristiani arricchiti da bassorilievi che illustrano episodi del vecchio e del nuovo Testamento. Io sono rimasto stupefatto perché in più di uno è rappresentato il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci in cui i pani sono ne più ne meno che le nostre michette, della stessa forma e dimensione (confrontandole con il resto della scena). Belle michette raccolte in cesti di vimini. Sicuramente per quei tempi si trattava di pane di lusso, ma tant’è: sono lì da ben prima degli austriaci! (E’ un po’ come la paglia di Vienna, che un altro post ci ha mostrato risalire ai tempi dei faraoni)

      • Manuela Lombardi Borgia

        15 Aprile

        La michetta fa parte della mia infanzia. Oggi è praticamente introvabile. Non ha retto il passare del tempo e l’evoluzione del gusto, per fortuna che gli arredi in stile Thonet invece sì! Così possiamo goderne ancora, così come della loro affascinante storia.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

INSTAGRAM
KNOW US BETTER
Impostazioni Privacy
NomeAbilitato
Cookie Tecnici
Per utilizzare questo sito web usiamo i seguenti cookies tecnici necessari: wordpress_test_cookie, wordpress_logged_in_, wordpress_sec.
Cookies
Utilizziamo i cookie per offrirti un'esperienza migliore sul sito web.
Google Analytics
Monitoriamo in forma anonimizzata le informazioni dell'utente per migliorare il nostro sito web.
Facebook
Usiamo Facebook per tracciare connessioni ai canali dei social media.

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza online. Cliccando su accetta, confermi il salvataggio dei cookie.