Educare non significa riempire un vaso, ma accendere un fuoco (William Butler Yeats)
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Se prendiamo l’esempio dell’Austria Felix dei primi ‘900 la risposta non può che essere: importantissimo.
La ricettività dell’ambiente austriaco, così come la fertilità dei primi decenni successivi, partono esattamente da lì. E più precisamente, vanno cercate nella perfetta organizzazione scolastica delle scuole professionali artistiche austriache di quell’epoca piena di magia.
Del resto, la scuola è il luogo dove avviene la formazione del nostro carattere, della nostra personalità e dove si tracciano i segni di un futuro possibile. Anche se a volte ce lo dimentichiamo, è qui che si devono accendere i cuori e a Vienna, lo si sapeva bene.
La Kunstgewerbeschule a Vienna
L’arte prima di tutto
Nel 1906 esistono 150 scuole artistiche statali e 70 private che portano gli allievi dai 12 ai 18 anni a diventare apprendisti e poi maestri fino a diventare docenti loro stessi.
I campi di insegnamento vanno dalla produzione del mobile alla lavorazione della ceramica, del vetro, del ferro fino al taglio di pietre preziose. In cima a queste la Kunstgewerbeschule di Vienna (Istituto Superiore delle industrie Artistiche) con annesso un Museo delle Arti.
Il sistema scolastico austriaco è legato a filo doppio con l’industria. Nelle ore di lezione sono previste “lezioni commerciali” e annualmente si svolgono esposizioni interne all’istituto scolastico o alle associazioni di categoria.
Ma oggi vorrei parlarvi di una scuola particolare, prendendo così spunto per cominciare a introdurvi al nostro progetto che si svolgerà ad Aprile a Milano. Vorrei parlarvi della Wagnerschule.
Da Otto Wagner, a scuola di modernità
La scuola inizia a operare nel 1894 quando Otto Wagner diventa titolare di uno dei due corsi dell’Accademia dedicati all’architettura.
A quel tempo tutta Vienna si aspettava che Otto Wagner avrebbe continuato la strada del suo predecessore impartendo lezioni di architettura rinascimentale. Wagner invece decide di organizzare il suo corso sulla architettura moderna o per lo meno sulla sua idea di architettura moderna.
Nonostante le inevitabili critiche, il successo degli allievi che escono dai suoi corsi, una specie di corsi postlaurea, è così evidente che, eccezionalmente, Wagner riceve il permesso di insegnare ancora un anno oltre il limite di età e per altri due ancora (il 1912 e il 1913), tenendo i corsi presso la sua abitazione.
Dei 70 giovani che ogni anno si presentano al suo cospetto per entrare al suo corso, solo poco meno di una decina venivano ammessi al primo anno. Alcuni scrivono che fossero esattamente 12, come gli Apostoli. Molto suggestivo ma non ne abbiamo trovato conferma nei testi.
Il programma del corso
I suoi studenti frequentano l’Accademia la mattina di ogni giorno, dal lunedì al venerdì, mentre nel pomeriggio lavorano presso gli studi di architetti già usciti dalla scuola di Wagner o in imprese di costruzioni di Vienna.
Il lunedì gli allievi dei primi 2 anni vengono riuniti dal grande architetto e vengono lette riviste del settore provenienti da tutta Europa così come i quotidiani viennesi. È il giorno dedicato alla cultura in cui gli studenti sono spinti a intervenire e a discutere sui più disparati argomenti.
Dal martedì al venerdì lavorano su temi assegnati e giornalmente Otto Wagner, che ha il suo studio nei locali contigui, passa in rassegna lo sviluppo dei lavori. Se durante la sua visione parla del progetto, vuol dire che il lavoro va bene e può continuare. Se invece parla del più e del meno, allora il lavoro è sbagliato.
La poltrona che Otto Wagner disegna per l’ufficio telegrammi di Die Zeit per la J.&J. Kohn
Successi garantiti
Il 3° anno gli studenti sono lasciati liberi di scegliere un progetto e di portarlo a termine sempre sotto l’attenta consulenza del grande maestro. Con questi lavori gli studenti partecipano a premi che normalmente finiscono sempre per vincere.
Uno dei più importanti è il premio Roma. Il migliore del corso vince 3.000 corone (alla fine dell’800 solo 3 funzionari triestini del municipio hanno uno stipendio annuo superiore ) e un anno di vitto e alloggio a Palazzo Venezia a Roma. Unico obbligo, eseguire dei disegni che sarebbero stati mostrati a Vienna al loro ritorno. Alcuni vincitori? Josef Hoffmann, Otto Schönthal, Marcel Kammerer.
Ma l’elenco di architetti che dalla Wagnerschule diffondono un nuovo modo di concepire non solo l’architettura ma il modo di essere architetto è lungo: Max Fabiani, Emil Hoppe, Josef Maria Olbrich, Jože Plečnik, Jan Kotěra e tanti altri.
Un’eredità, quella di Otto Wagner, che non si limita dunque solo alle opere di architettura, ai mobili e agli arredi, che saranno protagonisti della nostra Mostra di aprile, ma anche alla fiducia in un futuro migliore.
Scrivono due suoi famosi allievi Otto Schönthal e Emil Hoppe:
“Noi veniamo da Otto Wagner. Non soltanto gli stavamo vicino da accademici, ma anche più tardi come collaboratori e amici … Perciò sappiamo come pochi altri che l’eredità di Wagner non è da cercarsi nella ripetizione delle sue forme, ma nell’arricchimento della consapevolezza architettonica.”
E la consapevolezza è il punto di partenza per cambiare il mondo.
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