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Ciascun atto creativo trae ispirazione dalla propria, anche se breve, esperienza di vita precedente.
È una inconfutabile realtà: ciascuno di noi inizia a essere da ciò che è stato che, anche se in maniera inconsapevole, è già parte di lui.
Nel design, dove l’atto estetico-creativo nasce in risposta alle esigenze di una contemporaneità, questo aspetto diventa ancora più evidente.
Un fil rouge infatti collega storie apparentemente distanti e, immancabilmente, sorprendenti relazioni ci riportano a quanto successo alle origini ovvero, al mondo di Thonet e del faggio curvato.
Vi racconto dunque la mia ultima scorribanda nella storia del design, tracciando un parallelo interessante tra due oggetti diversi, nati in risposta a una stessa esigenza e ispirati ad uno stesso concetto.
Per farlo torniamo a Milano, ancora una volta capitale del Design.
Progetto di una Superleggera
Dopo aver visto lo studio di Ernesto Nathan Rogers con arredi Thonet e Achille Castiglioni seduto sul dondolo Volpe, andiamo oggi a parlare di uno degli architetti-designer italiani più famosi: Gio Ponti.
Nello specifico, del suo mobile di design più conosciuto: la sedia “Superleggera”.
Nel 1949, a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un paese distrutto e in un ambiente artistico e culturale che faticosamente riprende a muoversi, Giò Ponti inizia a pensare ad una sedia che, come amava dire, fosse “una sedia e basta”.
Una sedia semplice, razionale, stilisticamente non connotata, che assolva al meglio le funzioni del sedersi. Un progetto in cui ogni scelta sia risposta a una esigenza strutturale-funzionale.
Due gli obiettivi principali:
• Una sedia solida ma leggera
• Una sedia per tutti
Possiamo contemplare necessità, semplicità e chiarezza di una forma (Paolo Portoghesi)
O anche:
Una sedia carica di “umile nobiltà” (Le Coubusier)
E ancora:
Una sedia adatta al vivere moderno, senza fronzoli, orpelli e decori (Adolf Loos)
A chi si riferiscono questi grandi architetti/designer della storia del mobile? Alla sedia in legno curvato ovviamente.
Seppure esteticamente molto lontana dai modelli emblematici del faggio curvato, dal punto di vista della progettazione e del suo significato la nuova sedia di Ponti ci fa ripercorrere esattamente il solco tracciato dalla sedia democratica di Thonet.
La Superleggera, nata come “Leggera”, dal 1949 al 1955 compie questo percorso e viene commercializzata da Cassina a partire dal 1957.
Allo stesso modo, nel 1890 Thonet mette a punto una superleggera ante litteram ovvero il modello n. 91 che entra a catalogo in quello stesso anno.
Seppur a distanza di un secolo studio, progettazione e sperimentazione, formano due percorsi paralleli che convergono idealmente in quegli stessi principali obiettivi.
Per entrambi i modelli, una progettazione dettagliatissima e una esasperata ricerca della perfezione.
Superleggera: dettaglio della seduta e della impagliatura
Verso la leggerezza
Perseguendo la leggerezza, Ponti procede riducendo le sezioni tonde della “leggera” (la prima versione) a sezioni triangolari con spessore massimo di 1,8 cm.
La superleggera nella sua versione “perfetta” pesa solamente 1,7 kg. Veramente un record.
Analogamente, nella sedia Thonet n. 91 tutti i componenti sono costruiti appositamente per questo modello a sezione ovoidale schiacciata e con uno spessore massimo di 1,8 cm, rastremati fino a una vertiginosa sezione minima di 1,2 cm.
Queste caratteristiche così particolari appartengono solo agli esemplari d’epoca che sono molto rari. Numerose invece copie e riedizioni anche contemporanee, molto diverse in costruzione e in valore. Fondamentali dunque marchi ed etichette e una adeguata competenza.
Thonet 91: un particolare della seduta con la paglia di Vienna
La scelta della seduta
Per entrambe lo stesso materiale: la canna d’India: leggera e resistente. In Thonet intrecciata a paglia di Vienna, nella Superleggera intrecciata alla “chiavarina”.
Ponti infatti sposa la tradizione ligure ma, nel caso di questa sedia, la scelta è sicuramente obbligata. La densità ed il modo in cui viene fatto questo intreccio aiutano gli incastri a tenere insieme i pezzi con cui è realizzata la seduta.
Cosa non necessaria nelle sedute Thonet poiché il sedile è un unico pezzo di legno curvato infatti si poteva avere anche imbottita o con la tavoletta di compensato.
Requisiti per gli ambienti pubblici
Solidità e leggerezza sono presupposti fondamentali per sedie molto e male usate come sono quelle dei locali pubblici.
Infatti, sfidando la fisica, come la Thonet n. 91 a fine ‘800, la Superleggera 60 anni dopo, entra da subito nei più prestigiosi locali alla moda.
Diventa simbolo di una Italia moderna, in piena ripresa, dove un entusiasmo crescente verso consumi e boom economico porta tutti a sperare di salire in quell’ascensore sociale che pare finalmente partire.
Una pubblicità mirata ad esaltare modernità e leggerezza incoraggia l’acquisto della “Supersedia” così come, molti decenni prima, una pubblicità Thonet rassicura i potenziali clienti a riguardo di solidità e indistruttibilità delle proprie sedute.
(Due) Superleggere proprio per tutti?
Mentre la Thonet n. 91 costava esattamente una volta e 1/2 una Thonet n.14 che sappiamo costare l’equivalente di 36 uova (dunque 54 uova, oggi meno di 30 €uro) la Superleggera si posiziona da subito a un livello alto di mercato.
Proposta per il Compasso d’Oro ma non premiata in realtà, viene riconosciuta subito come capolavoro e, collocata tra le pietre miliari del design diventa presto un oggetto iconico.
A dispetto delle intenzioni iniziali di Giò Ponti, la sedia diventa uno status symbol per le famiglie italiane più agiate e alla moda con un prezzo assolutamente proibitivo rispetto al pubblico per cui Gio Ponti l’aveva pensata ovvero: gli italiani del dopoguerra in grave difficoltà economica.
Splendida ambientazione della Superleggera di Gio Ponti – www.cassina.com
Un prezzo adeguato
Perché un alto prezzo? Detto che il prezzo finale lo decide sempre il mercato, ci sono due motivazioni:
⊗ Il costo di produzione
Una notevole complessità costruttiva richiede alta specializzazione, lunghi tempi di assemblaggio ed una impagliatura che ancora oggi costa almeno 4 volte una paglia di Vienna.
Non è un caso che la Canepa ancora nel 1879 andasse a visitare gli stabilimenti Thonet per avviare la produzione in faggio curvato, come poi provò a fare, notevolmente più economica della produzione della “Campanina”.
⊗ Un posizionamento aziendale alto sul mercato
L’azienda produttrice-distributrice ovvero la Cassina si propone da sempre a un segmento medio-alto, con una selezione di catalogo di alto profilo, qui supportata anche dalla notorietà del designer milanese già famoso in tutto il mondo
Insomma, nei loro punti di contatto, pur nella loro diversità, siamo di fronte a due campioni di eccellenza, con una sola fondamentale differenza: una è per tutti, l’altra per pochi.
E voi che ne dite? In leggerezza chi scegliereste?
Elisa furlan
3 Giugno
Ho sempre adorato la Superleggera di Gio Ponti, per cui ho trovato questo articolo molto interessante e stomolante: ora il mio mondo si arricchisce della Thonet 91, senza dubbio un’altra eccellenza!
Alessandro Scordo
4 Giugno
Grazie Elisa,
mi fa piacere che questo post abbia arricchito le tue conoscenze. La storia degli oggetti è fondamentale per apprezzarli appieno e per coglierne la bellezza: un valore strettamente legato al momento storico che li ha prodotti. Ci sarà presto occasione per incontrare altri capolavori. A presto dunque.
Gianni
6 Giugno
Alessandro,
interessantissimo questo approfondimento sulla sedia 91, soprattutto per la messa a confronto con la superleggera di Giò Ponti.
Io ho la corrispondente JJK 145 che ne è la copia perfetta (e delle due è quella in mostra al Musée d’Orsay), e ce la godiamo; ho provato a cercare la superleggera ma costa troppo anche di seconda mano, mentre una chiavarina (stesso DNA della superleggera) di modello classico Campanino una volta o l’altra la prendo.
Come dici tu la posizione di mercato e l’utenza per cui è pensata sono molto diverse. La “nostra” sedia è assai particolare: robustissima pur essendo molto molto leggera. Leggerezza e robustezza sono ottenute con qualche originale accorgimento tecnico: 1) la struttura proprio all’osso, con sezioni che definirei a nastro (di spessore variabile nelle gambe e nello schienale), più che ovali; 2) la cerchiatura ottenuta con l’anello sotto il sedile, leggerissimo, quasi esile (ma come fa il mio a essere praticamente nuovo da più di un secolo!), ma soprattutto in posizione molto abbassata rispetto al solito, dove può lavorare con maggior efficacia; 3) l’irrigidimento dato dalla triangolatura delle “bretelle” nello schienale, che, aspetto non secondario, sono una forte caratteristica estetica; 4) solo due incastri: per le gambe davanti, secondo la tradizione Thonet (sono 24 nella superleggera, e gli incastri costano!) ma collegamenti attuati con una interessante ferramenta (che pur paga 274 g di peso sui complessivi 2830) probabilmente progettata ad hoc: a me piace molto sia questa tipologia di collegamenti sia la ferramenta. Quest’ultima, e le bretelle sono i particolari rimasti fino ai nostri giorni in sedie in genere con gambe tonde e tozze che offendono l’occhio e che fanno sicuramente rivoltare nella tomba il povero August Thonet che Bangert ed Ellenberg mi danno come progettista.
La sedia di Giò Ponti è anch’essa molto bella e interessante e probabilmente altrettanto robusta (non ne ho mai avuta una per le mani da poter studiare), ma con caratteristiche di elite anziché popolari come l’altra. In fin dei conti mi ritrovo molto di più in quella austro-ungarica che in quella italiana
Alessandro Scordo
7 Giugno
Grazie Gianni,
ottima disamina tecnica a completamento del post.
Continua a gustarti la tua 91, è veramente un oggetto incredibile.
Emilio Gasparini
29 Giugno
Gentilissimo Alessandro: quanto pesava una Thonet mod.91 ? I termini “leggera”e “superleggera” credo appartengano alla tradizione(dimenticata) della sedia di Chiavari. Etichette di G.B.Ravenna 1830/40 “Fabrique de chaises dites legeres de G.B.Ravenna….” e “Manufactures de chaises “super legeres par Domenico Ducco….”. Nel periodo dell ‘uso del legno di ciliegio, dell’acero e il trafilato di vimini per il sedile (nei campioni di sedie arrivati sino a noi) raramente si superano 1.7 kg. La ringrazio per l attenzione.Saluti Emilio Gasparini
Alessandro Scordo
29 Giugno
Grazie Emilio per aver aggiunto dei dettagli alla importantissima storia della produzione di Chiavari. Produzione a noi cara che spesso incrociamo nelle nostre scorribande all’interno della storia del mobile. Le sedie di Ponti sono delle chiavarine e raccolgono tutta l’esperienza che quella tradizione garantisce tanto da riuscire a costruire una sedia di 1,7 Kg.
Per quanto riguarda la Thonet 91 il peso del fusto si aggira intorno ai 2,300 Kg, poi va aggiunta la seduta in paglia (la più leggera), in compensato o imbottita. Dunque in leggerezza vince sicuramente la chiavarina. I motivi sono principalmente due. Il faggio rosso utilizzato da Thonet per le sue produzioni ha un peso specifico minimo tendenzialmente del 10% in più rispetto al ciliegio e di circa il 20% rispetto all’acero. A ciò va aggiunta la ferramenta assente nelle chiavarine e che incide per quasi tre hg nella sedia 91 di Thonet.
Dettagli tecnici a parte ritengo siano entrambe dei capolavori delle rispettive produzioni dietro le quali grandi storie di ricerca, sperimentazione e qualità.
Yuliya
24 Agosto
Articolo interessante, mi permetto di farle un appunto. “Premiata con un Compasso d’Oro, viene riconosciuta subito come capolavoro e, collocata tra le pietre miliari del design diventa presto un oggetto iconico.” Non è propriamente corretta la sua affermazione, non è mai stata premiata con un Compasso d’Oro, semmai, è stata selezionata per la premiazione.
Manuela Lombardi Borgia
29 Agosto
Grazie Yuliva per la segnalazione! Modifichiamo subito.